Mentre a Palermo l'inchiesta della Procura di Caltanissetta scoperchia un vaso di Pandora sulle amministrazioni giudiziarie poco chiare dei beni confiscati alla mafia, a Catania in un convegno-seminario organizzato dalla sezione provinciale dell'Associazione Nazionale Consulenti del lavoro proprio ieri si è parlato di buone pratiche di riutilizzo sociale dei beni confiscati.
Tema quanto mai attuale e con relatori autorevoli, che hanno offerto non solo spunti di riflessione, ma soluzioni pratiche sulle possibilità occupazionali.
La trasmissione Presa Diretta andata in onda il 17 febbraio su Rai 3 ha trattato l'amara e paradossale vicenda della Riela Group, azienda catanese confiscata alla mafia e che in mano allo Stato e all’Agenzia Nazionale dei Beni Confiscati, oggi, va verso il fallimento.
Sarebbe un gravissimo errore pensare, semplicisticamente, che la morale di tale triste vicenda è che con la mafia si lavora e con lo Stato no.
Con la mafia non si lavora, anzi, tutt’altro.
La mafia non ha alcun talento imprenditoriale, sconosce il concetto di libero mercato e concorrenza leale, e certamente non ha alcun interesse a tutelare i lavoratori.
Venerdì 13 Novembre il Senato ha approvato a maggioranza un emendamento alla legge finanziaria per il 2010 che modifica la legge 109\96 sull'assegnazione dei beni confiscati ai mafiosi.L'emendamento prevede che tali beni, se non assegnati entro sei mesi, possano essere acquistati dai privati .Poche righe per assestare un colpo durissimo alla lotta alla mafia, cancellare e tradire la volontà di un milione di italiani che nel 96 firmarono l'appello dell'associazione Libera che portò all'approvazione della legge 109\96 la quale, modificando in melius la legge Rognoni-la Torre del 1982, introdusse per la prima volta il principio del "riutilizzo ai fini sociali" dei beni confiscati.